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Buon Natale. Auguri e Tradizione
Sociale - sabato 24 dicembre 2011
Per questo Natale 2011 oltre ai miei personali auguri che rivolgo a tutti i soci della Lega Navale e alle loro famiglie, mi piace girarvi la lettera a me inviata dal nostro socio " 'on Michè" che rappresenta bene quel clima di serena semplicità che oggi ci sembra così ingenuo e fuori tempo ma che ci faceva vivere il Natale in modo così diverso da questo dei nostri giorni. ed.

  - Auguri di Buon Natale, accompagnati dai miei ricordi. Michele Palumbo.
Agli inizi di dicembre, prima dell'Immacolata, si incominciava a preparare il presepe.Era l'inizio di un incanto, si incominciava a sognare.L'architetto del presepe era zia Ninuccia, artista duttile di ogni cosa, ricamatrice, muratore, elettricista, "ciuccio e fatica da casa", sempre con "nu pizzo a riso", mai stanca, sempre disponibile, ancora
tutt'oggi che fra un mese compirà cent'anni. Il presepe lo costruiva lei, con la carta d'imballaggio della pasta, per le montagne; con l'ovatta, per la neve; col muschio che raccoglievo sui boschi del Faito, e col laghetto, ottenuto dallo specchietto della sua borsetta. Era un miracolo di edilizia sacra, dai risultati precari e pieni di visioni, i suoi abitanti erano un po raccogliticci, non hanno mai avuto la giusta dimensione, chi più alto, chi più basso, chi con un braccio mozzo, chi senza una gamba, ma erano sempre là a fare da comparsa.Il problema più drammatico era sistemare sulla grotta i due angioletti, che sistematicamente cadevano, provocando stragi di pecore e pastori.
Chi mi impressiona era Gesù Bambino, che mammà con fare compito e sacro, deponeva la notte di natale nella grotta, era più grosso della Madonna e San Giuseppe, perfino del bue e dell'asinello. Forse le sue dimensioni enormi erano da attribuire alla sua regalità, alla sua grandiosità di essere divino, o forse, perchè non c'erano soldi per comprarne un'altro.
A posteriori quel presepe, così raffazzonato, era agli occhi di un esteta, un pò ridicolo, ma era pieno di calore umano, era l'epoca in cui ci si accontentava di niente, e si sognava con poco.La notte di Natale facevamo nascere il Bambinello, dopo una processione per tutte le stanze, con mia sorella Enza in testa, attrezzata di cestino col Bambinello. Enza è stata sempre piccolina, ma l'importanza dell'evento le dava slancio ed altezza, e, noi, con le candele la seguivamo cantando "tu scendi dalle stelle". Erano lampi natalizi d'autentica imbeccilità, ma il rito era pieno d'incanto. Ricordo quel buio della casa punteggiato dalle luci delle candele, quel
calpestio casereccio di nonni, padri, zie e figli, quelle voci stonate, quelle risate di noi bambini e lo sguardo accigliato di mammà che ci fulminava. Rivedo ancore le processioni di un tempo, per quelle stanze buie, e rivedo ancora quelli che non sono più, ma sempre presenti nella mia memoria.



 

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